COS’E? IL BUNRNOT

 

Il termine burnout, che in italiano si può tradurre in “bruciato” o “esaurito”, è comparso per la prima volta nel 1930 per indicare l’incapacità di un atleta, che aveva raggiunto alcuni successi, di confermarli o mantenerli. Negli anni ’70, questo vocabolo  cominciò ad essere utilizzato per indicare un insieme di sintomi che venivano accusati dalle “helping professions” (professioni d’aiuto come medici, infermieri, insegnanti, vigili del fuoco ecc.) quando dovevano sopportare carichi eccessivi di stress legati al loro lavoro. Nel 1975, Cristina Maslach definisce il burnout: come “c Negli anni, nella sindrome da burnout sono state incluse altre categorie di lavoratori, tutti coloro che  hanno frequente contatto con il pubblico (dall’avvocato al ristoratore, dall’impiegato postale al manager ecc.) e tutti quelli che vivono situazioni stressanti dal punto di vista lavorativo. Il burnout è legato al logorio psicofisico che l’eccessivo stress lavorativo può causare. La sindrome si manifesta con sintomi psicologici e fisici. Chi ne è colpito diviene apatico nei confronti delle persone o degli oggetti a cui è rivolta la propria attività.

Cause del burnout e meccanismi patogenetici

Non è corretto ritenere che le persone che sviluppano una sindrome da burnout manifestino questo disturbo a causa di loro caratteristiche personali che condizionano il loro comportamento e la loro capacità lavorativa. Vari studi hanno dimostrato che il burnout, anche se influenzato da tratti personali, sia legato al contesto sociale nell’ambito del quale l’individuo opera. Il lavoro modella il modo in cui le persone ricoprono la loro mansione e le modalità con cui interagiscono con l’utenza e con i colleghi. Quando l’ambiente di lavoro non riconosce l’aspetto umano del lavoro stesso, il rischio del burnout aumenta.

È possibile distinguere tra fattori predisponenti alla sindrome e cause specifiche.

I fattori predisponenti riguardano l’individuo e possono essere caratteristiche di personalità, fattori socio-demografici e culturali.

Le caratteristiche di personalità che espongono al burnout appartengono alla personalità di tipo A (soggetto ambizioso, competitivo, esigente con se stesso e con gli altri, puntuale, frettoloso, aggressivo) e sono:

  • introversione
  • tendenza a porsi obiettivi irrealistici
  • personalità autoritaria
  • abnegazione al lavoro, inteso come sostituzione della vita sociale
  • ritenersi indispensabili
  • aspettative professionali eccessive
  • idealizzazione
  • stile di vita iperattivo

Rispetto ai fattori socio-demografici, la sindrome compare più facilmente nelle donne, spesso nei primi anni di carriera e in quelle che non hanno un compagno stabile. Tra le cause sociali si annoverano il mancato riconoscimento da parte della società per il lavoro svolto e la mancanza di un sostegno ideologico e psicologico. Per quanto concerne i fattori culturali, l’interpretare la propria professione come una missione rappresenta un fattore di rischio.

Vengono riconosciuti come cause specifiche di burnout i seguenti fattori:

  • sovraccarico di lavoro
  • mancanza di controllo
  • gratificazioni insufficienti
  • assenza di equità
  • valori contrastanti
  • scarsa remunerazione

Complessivamente, i fattori che interagiscono e che possono essere responsabili della comparsa del burnout sono: il lavoro, le relazioni e la costituzione fisica e psichica del lavoratore.

Le persone investono impegno e fatica in una determinata attività lavorativa e per questo si aspettano un’adeguata ricompensa non solo in termini economici ma anche di riconoscimento e di possibilità di avanzamento di carriera, se ciò non avviene  si vive una situazione di frustrazione. La formula “ricompensa meno frustrazione maggiore di zero” esprime la possibilità di insorgenza della sindrome di burnout, vale a dire che quando le frustrazioni superano le ricompense aumenta la possibilità di ammalarsi.

Barwinske è laureato in economia aziendale, Heinrich una psicologa del lavoro e Mauritz un manager e coach di comunicazione e insieme si sono  occupati della sindrome di burnout in Germania. Nella loro opera (Das Ginkgo Prinzip) descrivono il rischio di sviluppare burnout usando una metafora: il lavoratore può essere paragonato a una botte che viene continuamente e lentamente riempita dall’alto con diversi fattori (cattive condizioni di lavoro, carico lavorativo, perfezionismo, eccesso di zelo e dubbi). Fino a quando il livello all’interno della botte rimane basso, il rischio di sviluppare una sindrome da burnout non esiste, ma se il livello sale aumenta la probabilità di ammalarsi.

Il livello all’interno della botte può essere tenuto sotto controllo attraverso due meccanismi: la riduzione dell’afflusso dall’alto e quindi il miglioramento delle condizioni lavorative,  il minor carico di lavoro, maggiori gratificazioni ecc. oppure aumentando il deflusso attraverso una valvola di sfogo e cioè tramite una buona gestione dello stress.

Nella sindrome di burnout, le modalità di gestione delle situazioni stressanti rivestono un ruolo fondamentale. Infatti, questa sindrome  può essere considerata la conseguenza di una condizione di pressione continua e persistente nel tempo e gli effetti dello stress cronico sulla salute si manifestano a lungo termine. Lo studio delle strategie di coping (gestione) rispetto allo stress lavorativo è al centro di varie ricerche (Pearlin e Shooler 1978, Lazarus e Folkman 1984, Mc Grath 1976, Osipow e Davis 1988).  Il coping, che può anche essere appreso, si riferisce agli sforzi che un individuo fa per governare situazioni problematiche che mettono alla prova o eccedono le sue risorse. Se queste strategie sono funzionali, la persona riesce a mantenere sotto controllo i livelli di stress altrimenti si instaura un’attivazione permanente del sistema nervoso simpatico che provoca un affaticamento vegetativo che, a sua volta, è causa di uno stato di esaurimento.

Secondo il modello di Freudenberger, nel burnout si distinguono 12 fasi che portano all’esaurimento:

  1. impulso a dimostrare il proprio valore
  2. potenziamento dell’impegno
  3. i propri bisogni vengono trascurati
  4. rimozione dei conflitti e dei bisogni
  5. ridefinizione dei valori
  6. i problemi che emergono vengono negati
  7. ripiegamento definitivo
  8. evidenti modifiche comportamentali
  9. perdita della sensazione della propria personalità
  10. vuoto interiore
  11. depressione ed esaurimento
  12. burnout completo

I sintomi del burnout

I sintomi della sindrome sono somatici e psichici e si manifestano in combinazioni differenti e con intensità variabile in ciascun individuo. Per questo motivo, i quadri clinici del burnout sono polimorfi e sono vari i disturbi comportamentali che possono comparire.

Dal punto di vista psichico, l’eccessivo impegno lavorativo e lo stress provocano uno stato di esaurimento mentale che si manifesta con una riduzione della resistenza, un umore sempre più instabile e l’incapacità di rilassarsi ed è per questo che s’instaura un quadro di stanchezza cronica. A tutto ciò si contrappone un’inquietudine interiore con nervosismo e irritabilità che può arrivare fino all’aggressività. Se lo stress persiste si raggiunge uno stato di rassegnazione e scoraggiamento con bassa tolleranza alle frustrazioni e compare il pensiero di valere poco.

I sintomi emotivi  si possono così riassumere:

  • nervosismo e irrequietezza interiore
  • solitudine
  • ansia
  • rabbia
  • sensazione di assenza di senso
  • ridotta capacità d’immedesimazione
  • perdita del desiderio, anche sessuale
  • irritazione

I sintomi somatici sono generati da un indebolimento del sistema immunitario e dall’iperattività del sistema nervoso simpatico. Aumenta la suscettibilità alle infezioni, aumenta il rischio di sviluppare ipertensione arteriosa e possono comparire svariati e numerosi altri sintomi:

  • tensioni muscolari
  • disturbi del sonno
  • tachicardia
  • disturbi digestivi
  • mal di schiena
  • mal di stomaco
  • mal di testa
  • capogiri
  • ronzio alle orecchie
  • inappetenza o appetito esagerato

Infine, i disturbi comportamentali possono essere così sintetizzati:

  • incapacità di staccare la spina
  • mancanza di cura per le relazioni sociali
  • abuso di alcolici o farmaci
  • tendenza alla fuga
  • alimentazione irregolare o incontrollata
  • comportamento ipercritico

È difficile distinguere tra depressione e burnout, gli studi scientifici indicano che circa la metà dei pazienti colpiti da una forma grave di questa sindrome soddisfa anche i criteri per la diagnosi psichiatrica di depressione e che circa il 20% dei soggetti con un burnout di media gravità soffre anche di depressione. Tuttavia, occorre sottolineare che il burnout si sviluppi relativamente ai problemi e al rapporto che una persona ha con il proprio lavoro mentre la depressione interessa gli aspetti più diversi della vita umana.

Prevenzione e trattamento del burnout

La quantità di stress che una persona riesce a gestire dipende dal numero, dall’intensità e dalla durata dei fattori stressanti oltre che dalle capacità personali e dalle risorse di supporto dell’ambiente.

I potenziali fattori di stress lavorativi sui quali è possibile intervenire appartengono a quattro categorie:

  1. psicomentali (sovraccarico di lavoro quantitativo e qualitativo, mancanza di informazioni  e obiettivi chiari, competenze non chiare)
  2. sociali (mancanza di riconoscimento e supporto, scarse possibilità di sviluppo, incertezza del posto di lavoro)
  3. emotivi (contraddizioni tra sentimenti espressi e percepiti, umiliazioni)
  4. fisici (rumore, mancanza di spazio ,situazioni climatiche inappropriate)

È fondamentale che il lavoratore in difficoltà, oltre al trattamento dei molteplici sintomi, apprenda dei metodi adeguati per ridurre e gestire lo stress. Le tecniche di riduzione dello stress maggiormente utilizzate sono il rilassamento muscolare, lo yoga, il training autogeno e la meditazione. I contatti sociali e l’attività fisica aiutano ad eliminare lo stress. Il metodo del time-out consiste nel pianificare pause piccole o grandi nella propria vita.

Questa interruzione della quotidianità permette di riflettere sullo stile di vita e di pianificare i passi da compiere per generare cambiamenti. Tra le varie psicoterapie, quella maggiormente utilizzata per il trattamento del burnout è la cognitivo-comportamentale che mira ad aiutare la persona colpita a ritrovare un atteggiamento ottimista e costruttivo.

Conclusioni

La salute di chi è colpito dalla sindrome del burnout viene compromessa; ma non sono soltanto i soggetti colpiti a soffrire, spesso sono anche le persone che li circondano. Infatti, le relazioni familiari e i contatti sociali vengono compromessi. Vi sono poi conseguenze economiche legate alle assenze del lavoratore per malattia.

L’undicesima edizione dell’International Classification of Diseases (ICD) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce il burnout: una sindrome concettualizzata come risultato da uno stress cronico sul posto di lavoro che non è stato gestito con successo, quindi il burnout si riferisce unicamente a fenomeni nel contesto lavorativo e non dovrebbe essere applicato per descrivere esperienze in altri ambiti di vita.

Numerose ricerche evidenziano che prevenire e ridurre lo stress lavoro-correlato abbia un costo ma sottolineano come ignorarlo costi molto di più. Una presa di coscienza delle aziende e dei lavoratori sulla tematica dello stress derivante dagli ambienti di lavoro e sull’importanza della promozione di un ambiente più sano porta numerosi vantaggi: se i lavoratori vivono un maggior benessere e sono soddisfatti del proprio lavoro, le aziende possono contare su una forza lavoro più motivata e produttiva con un miglioramento delle prestazioni. Inoltre, una riduzione dei tassi di infortuni e malattie, un minore assenteismo e un minor turnover hanno come conseguenza la riduzione dei costi e degli oneri per i servizi.

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