C’E’ UN FILO CHE LEGA L’ALIMENTAZIONE AI DISTURBI DEL LINGUAGGIO

Ebook: I disturbi del linguaggio: caratteristiche, valutazione e trattamento a cura di L. Marotta e MC. Caselli  https://www.medicinaxtutti.it/2020/05/03/2289/ post n.24

Con la definizione di disturbo specifico del linguaggio si descriveno quadri clinici molto eterogenei in cui le difficoltà linguistiche possono presentarsi in forma isolata o in associazione con altre condizioni patologiche, quali deficit neuromotori, sensoriali, cognitivi e relazionali.

Il linguaggio è fondamentale per lo sviluppo cognitivo infatti è alla base del pensiero e del ragionamento, è inoltre indispensabile per lo sviluppo delle abilità sociali poichè è uno dei principali mezzi di comunicazione. Si sviluppa in un arco relativamente breve della vita di un uomo, la maggior parte delle regole linguistiche vengono apprese dal bambino entro i 4/5 anni di vita, tuttavia vi è una grande variabilità iterindividuale nei tempi e nei modi dell’acquisizione normale. Il  linguaggio  non è una funzione unitaria, ma un’insieme di abilità che possono risultare ritardate o deficitarie secondo diverse linee o dimensioni dello sviluppo, infatti il linguaggio è complesso ed in esso possono essere distinte varie componenti: quella fonologica riguarda la capacità di discriminare i suoni linguistici e di riprodurli, mentre quella semantica riguarda la capacità di convogliare specifici significati attraverso i suoni linguistici.

Cos’è un disturbo del linguaggio?

Il disturbo del linguaggio si ha in presenza di una compromissione significativa delle abilità comunicativo- linguistiche che non rientri nel range inferiore della variabilità dello sviluppo tipico dei bambini di quell’età. Si distinguono due principali categorie:

  • i disturbi primari (o specifici) che sono difficoltà in aree specifiche all’interno di un funzionamento globale più o meno adeguato (DSL). La diagnosi si basa sull’esclusione del fatto che il problema di linguaggio  possa essere legato alla presenza di altre condizioni patologiche
  • i disturbi secondari (ritardo globale)   sono difficoltà nelle abilità spiegate da un ritardo di sviluppo o cognitivo. In questi casi  le difficoltà più o meno importanti di linguaggio sono dovute alla presenza di condizioni patologiche strutturali come problemi uditivi, anomalie oro-bucco/facciali (palatoschisi), otiti; a cause  neurologiche quali epilessie, paralisi cerebrali o ad un ritardo mentale più o meno grave .

I disturbi primari comprendono:

i disturbi dell’articolazione e cioè:
la disprassia verbale che consiste nella difficoltà o impossibilità a trasformare  le immagini verbali in comandi motori per la produzione del discorso. La fluenza del discorso risulta fortemente ridotta per la difficoltà a trovare i giusti movimenti degli organi fonatori per emettere una parola, mentre la comprensione risulta meglio conservata;
la difficoltà di programmazione fonologica  in cui c’è difficoltà  nell’organizzazione dei suoni all’interno delle parole e si manifesta attraverso omissioni, sostituzioni e produzioni inesatte dei suoni. Il bambino sa articolare e sa produrre i singoli suoni della lingua, ma stenta ad organizzarli tra loro rispettando le regole fonologiche per formare le parole;

i disturbi espressivi includono:

l’agnosia uditiva e verbale   che è caratterizzata da un grave deficit di comprensione e di decoding fonologico, con conseguente severo deficit espressivo. Si tratta di bambini con linguaggio espressivo assente o produzione verbale fortemente ridotta;

la sindrome di deficit di programmazione fonologica che riguarda la compromissione significativa  di tutte le componenti espressive (fonologia, lessico, morfosintassi), che tende a mantenersi nelle diverse fasce di età. In metà dei bambini sono presenti anche  disturbi gravi della memoria verbale e outcome scolastico sfavorevole;

i disturbi complessi sono rappresentati da:

la sindrome di deficit lessicale-sintattica  che da luogo a difficoltà nel riconoscimento e nel reperimento dell’esatta etichetta lessicale (anomie);

la sindrome di deficit semantico-prammatica che è caratterizzata da un discorso fluente e corretto dal punto di vista fonologico e grammaticale, ma con difficoltà a livello di contenuti. Questi bambini non comprendono ciò che viene loro detto e le loro produzioni sono inadeguate alla situazione.

Studi longitudinali dimostrano che i sottotipi di disturbo specifico del linguaggio (DSL) differiscono oltre che nella manifestazione clinica anche nell’andamento evolutivo. In particolare nelle possibilità che i bambini hanno di recuperare le rispettive difficoltà e nel loro “outcome” scolastico. Oltre la metà dei DSL presenta difficoltà di apprendimento nella lettura e scrittura o nel calcalo nei primi anni scolastici ma anche nel corso dell’adolescenza. I soggetti con Disturbo Specifico di Apprendimento presentano all’anamnesi un pregresso disturbo di linguaggio nel 30%-40% dei casi. Bishop e colleghi hanno sottolineato la possibilità di una differente espressività delle difficoltà linguistiche in relazione alle differenti finestre temporali osservate.

I disturbi del linguaggio sono disturbi a genesi multifattoriale si riconoscono cause genetiche, neurobiologiche ed ambientali.  Come indicato dagli studi di Spiz, condotti sui bambini ricoverati negli orfanotrofi,  alcuni disturbi del linguaggio possono essere generati da esperienze nel primo sviluppo di maltrattamenti di varia entità, assenza di sufficienti condizioni di interazione con l’adulto e attaccammento con la madre di tipo “insicuro”. Sono considerati indicatori di rischio i seguenti fattori: familiarità per ritardo o disturbo del linguaggio, presenza di otiti ricorrenti nei primi due anni di vita, difficoltà di comprensione del linguaggio verbale, produzione inferiore alle 10 parole a 24 mesi,  produzione inferiore alle 50 parole e assenza di combinazione di almeno due parole ai 30 mesi.

La diagnosi e la riabilitazione

Per ottenere un buon recupero nei bambini affetti da un disturbo del linguaggio è importante anticipare i tempi della diagnosi  tenendo conto degli indici di rischio. La valutazione clinica,  quando i bambini presentano un marcato ritardo, non può limitarsi alle abilità linguistiche ma deve indagare gli antecedenti cognitivi della comunicazione e lo sviluppo delle competenze simboliche. Di fondamentale importanza è,  immediatamente dopo la diagnosi, la presa in carico. Questa deve prevedere  l’attivazione di interventi abilitativi e riabilitativi basati sulle evidenze e sulla valutazione funzionale individualizzata, con particolare attenzione alla precocità dell’intervento.  I dati  che riguardano il bambino con disturbo del linguaggio debbono essere messi in relazione con i dati  normativi per pari fascia d’età mentale o cronologica. Occorre inoltre delineare un profilo funzionale delle diverse componenti. L’attività riabilitativa deve svilupparsi per obiettivi, attraverso la valorizzazione del progetto riabilitativo, inteso come  percorso e non come semplice prescrizione di atti.  La riabilitazione prevede un intervento specifico condotto dal logopedista  con obiettivi ben definiti, tempi prestabiliti (cicli) e precise modalità. Tale intervento  necessita di una rete di collaborazione e di raccordi tra operatori sanitari, educatori e famiglie per questo è importante disporre di modelli organizzativi che possano favorire continuità e efficacia nella collaborazione interprofessionale.

Alimentazione e disturbi del linguaggio

C’è un collegamento tra alimentazione e disturbi del linguaggio.   I cambiamenti nell’alimentazione del bambino , con il passaggio dall’alimentazione  liquida  a quella semisolida e poi al cibo vero e proprio, a seconda dell’età ,   necessitano  di una competenza orale e motoria che si diversifica nel tempo. Il bambino, crescendo, acquisisce padronanza nel muovere la lingua all’interno della bocca, nell’utilizzare i muscoli della bocca,  delle labbra e della lingua. La masticazione, con la crescita, si affina così come la deglutizione. Questi progressi, che riguardano l’alimentazione,  sono intimamente connessi al modo in cui il bambino utilizzerà la lingua per emettere i primi suoni, che saranno all’inizio dei vocalizzi e diverranno poi sempre più complessi. La  possibilità di nutrirsi con cibi  via via di maggiore consistenza, è correlata con la specializzazione oroprassica necessaria per l’adeguato sviluppo del linguaggio. L’ utilizzo prolungato del  ciuccio e del biberon, fino a 5 o 6 anni, può dar luogo alla comparsa di  malocclusioni dei denti complicando la masticazione e la produzione linguistica. Il ciuccio  tende a provocare una posizione della lingua bassa e sempre spinta in avanti che modifica le posizioni dei denti e tutto l’assetto della bocca. Non sempre i difetti del linguaggio indicano un disturbo, possono anche essere una fase normale come Il baby talking, cioè il modo infantilizzato di parlare, che è  naturale e fisiologico. E’ però importante che i genitori siano in grado di  inquadrare le difficoltà legate all’alimentazione,  ci sono bambini che protraggono il mangiare pappe o l’uso del biberon per molto tempo.  I piccoli hanno bisogno di approcciare il cibo in maniera naturale e progressiva e per questo sono necessari alcuni compromessi che riguardano i tipi di cibi da consumare e l’ incentivare le occasioni conviviali.

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