ALLERGIE ED INTOLLERANZE ALIMENTARI COME PREVENIRLE

Ebook Le allergie e le intolleranze alimentari a cura di  Bambin Gesù Istituto per la Salute https://www.medicinaxtutti.it/2020/05/03/2289/ post n.25

Fin dai tempi di Ippocrate il cibo è considerato la prima medicina proprio perchè  necessario per vivere. Sappiamo però che, se non si rispettano i giusti criteri , questa medicina rischia di trasformarsi in un fattore patogeno. Oggi si  registra un  aumento dei disturbi  legati strettamente alla qualità di ciò che si utilizza come nutrimento. Il dibattito scientifico su allergie ed intolleranze alimentari è attuale e vivace.

Allergie ed intolleranze alimentari

L’allergia è una reazione esagerata del sistema immunitario in risposta ad un antigene  o, come nel caso dell’allergia alimentare, ad un allergene rappresentato generalmente da una proteina. Gli antigeni e gli allergeni   vengono riconosciuti  come elementi estranei dall’organismo e quindi come potenzialmente dannosi,  per questo si attiva la risposta immunitaria.

Non sono del tutto noti i  motivi per cui alcuni soggetti sviluppano una o più allergie. L’aumento, negli ultimi anni, delle allergie alimentari ha fatto formulare varie ipotesi sulla genesi di questo disturbo. Le allergie potrebbero essere collegate:

  • ai drastici cambiamenti alimentari introdotti negli ultimi 30-40 anni,
  • all’aumento eccessivo delle condizioni igieniche in cui cresce il bambino in casa, che non gli permettono di esporre in modo sufficiente il sistema immunitario a minacce reali e non.

Inoltre, per le allergie alimentari,   sono noti alcuni  i fattori di rischio :

  •  la presenza  in famiglia di altri disturbi allergici (asma, eczema, orticaria, rinite allergica), ma non è detto che la forma sviluppata sarà la stessa.
  •  lo sviluppo durante l’infanzia di dermatiti.

Nell’ intolleranza alimentare, non si scatena una risposta immunitaria, il  termine intolleranza indica l’incapacità di sopportare. L’organismo,  in seguito ad un’assunzione abbondante di un determinato alimento, non riesce a tollerarlo cioè non è in grado di  digerirlo correttamente, l’allergia, al contrario, è indipendente dalla quantità  assunta.

L’intolleranza può essere determinata  da meccanismi enzimatici o farmacologici. Tra le intolleranze enzimatiche vi sono gli errori congeniti del metabolismo come la fenilchetonuria, il  favismo,  l’intolleranza congenita ai mono e disaccaridi ed il deficit di lattasi secondario ad enterite. Le intolleranze  farmacologiche si manifestano quando si verifica  una reattività abnorme, su base individuale,  ad alcune  sostanze presenti in determinati cibi. Tra queste sostanze vi  sono le amine vasoattive o altre molecole come  gli additivi. Le amine vasoattive  comprendono l’istamina, che provoca ipotensione.  La tiramina e la feniletilamina  sono invece monoamine in grado di aumentare la pressione arteriosa. Altre monoamine vasopressorie, implicate più raramente nelle reazioni farmacologiche al cibo, sono la triptamina, la dopamina e la serotonina. Cibi ricchi di istamina sono pesci della famiglia degli scombridi e altri pesci di mare non ben refrigerati, alcuni formaggi, vini rossi, estratto di lievito, cibi fermentati anche vegetali, birra. L’istamina, secondo una recente ipotesi,  potrebbe  anche essere  prodotta dalla degranulazione dei mastociti  che si verifica a causa di una sostanza, non ancora identificata, contenuta negli scombridi o  da enzimi come la tripsina o da altre sostanze come i peptoni contenuti nel bianco d’uovo, crostacei, cioccolato, fragole, etanolo, pomodori, agrumi. Cibi ricchi di tiramina sono cibi fermentati, tra cui formaggi Camembert e Cheddar, estratto di lievito, vini rossi, aringhe marinate, salse derivate dalla soia.  La feniletilamina può trovarsi in numerosi cibi fermentati, nel vino rosso e nel cioccolato. L’istamina può provocare nausea, vomito e diarrea, crampi intestinali, vampate di calore, sensazione di bruciore e formicolio in bocca, orticaria, ipotensione, cefalea, palpitazioni cardiache.

Classificazione E.A.A.C.Y.

Secondo la classificazione messa a punto nel 1995 l’European Accademy for Allergy and Clinical Immology (E.A.A.C.Y.)  nell’ambito delle allergie ed intolleranze alimentari si distinguono:
Reazioni avverse ai cibi cioè:
a) reazioni tossiche e prevedibili che  possono interessare ogni individuo perché dovute alla presenza di sostanze tossiche negli alimenti (es. tossine batteriche contenute in alimenti avariati, intossicazioni da funghi velenosi, botulino, etc.).

Reazioni non tossiche e non prevedibili che interessano solo alcuni soggetti sensibili e che si dividono in:

a) allergie alimentari;
b) intolleranze alimentari.

Manifestazioni cliniche: polimorfe a carico di diversi organi

a) sindrome orale allergica: compare a carico del cavo orale in pochi minuti dal contatto con il cibo. Sono presenti prurito, papule–vescicole della mucosa ed edema delle labbra che sono frequentemente scatenanti da  frutta e da  verdura crude.

b) gastroenterite acuta con diarrea, vomito, distensione addominale e meteorismo

c) sindrome orticaria-angioedema con prurito, seguito da pomfi in sede varia. L’angioedema (gonfiore delle mucose) ha vari livelli di gravità a seconda della sede, alimenti responsabili nell’adulto sono i pesci, molluschi, frutta secca e arachidi e nei bambini latte e uova. Il ruolo degli alimenti si può riscontrate nel 30% dei casi.

Manifestazioni respiratorie

a) riniti con congiuntivite, sinusiti, otiti medie sierose o asma bronchiale. L’asma da alimenti può essere osservato nella prima infanzia e può essere dovuto ad allergie al latte, all’uovo, alle arachidi. Si può scatenare anche in seguito ad inalazione di alcuni alimenti come soia, spezie, bianco d’uovo e vapore di cottura di legumi, pesce e crostacei.
Si può anche configurare come patologia professionale in soggetti addetti a queste lavorazioni.

Anafilassi

a) reazione sistemica grave, generalizzata, che può essere innescata anche da quantità minime di alimenti. Una forma particolare di anafilassi è quella da esercizio fisico che si determina dopo attività fisica ed è spesso correlata all’assunzione di determinati cibi entro due ore dall’esercizio fisico; gli stessi alimenti senza successivo sforzo non provocano reazione.

L’esatta prevalenza dell’allergia e delle intolleranze al cibo nella popolazione generale è maldefinita . Per quanto riguarda la prevalenza delle reazioni avverse al cibo nell’adulto, in uno studio olandese essa è stata stimata considerando intolleranze ed allergie insieme essere del 2,4% . Poiché gli adulti soffrono di allergie al cibo meno del bambino, è stato stimato che la prevalenza dell’allergia al cibo nell’adulto sia meno dell’1-2% . La prevalenza delle intolleranze agli additivi nell’adulto sarebbe ancora più bassa, dello 0.01 – 0.23%

La celiachia

La celiachia è una  intolleranza permanente al glutine cioè ad  una miscela di proteine rappresentate da Glutenina e Gliadina che è la frazione tossica. Il glutine è presente nei cereali,  la farina di frumento ne contiene  dal 10 al 15% del suo peso. L’ingestione del glutine provoca, nei soggetti celiaci,  l’infiammazione cronica  della mucosa intestinale che, a sua volta, danneggia i tessuti dell’intestino e porta alla scomparsa dei villi intestinali, importanti per l’assorbimento dei nutrienti. Un celiaco quindi, oltre al danno diretto, subisce un consistente danno indiretto perché non è in grado di assorbire sostanze nutritive e quindi rischia la malnutrizione.

La prevalenza di questa intolleranza  è maggiore di quanto si ritenesse in passato. In Italia,  nei bambini in età scolare, si attesta al 3.28 per mille  e per ogni caso sintomatico  si ritiene ve ne siano 5-6 silenti. E’ una patologia multifattoriale, legata principalmente alla predisposizione genetica e alla presenza nella dieta di glutine.  In passato si credeva che solo i popoli europei potessero sviluppare intolleranza al glutine, infatti capelli biondi ed occhi azzurri venivano descritti come caratteri tipici dei bambini celiaci. Questo quadro sta rapidamente cambiando grazie anche alle nuove tecniche di diagnosi. E’ stata messa in evidenza una insospettata frequenza di celiachia anche in Paesi quali l’Africa del Nord, il Medio Oriente e l’India. E’ possibile che questi mutamenti dipendano anche dai cambiamenti dei modelli alimentari imposti dalla globalizzazione dei mercati alimentari.

I sintomi clinici della celiachia possono essere molto variabili. I disturbi gastrointestinali sono tipici nei bambini diagnosticati nei primi due anni di vita. Ritardo di crescita, diarrea cronica, vomito, distensione addominale, stanchezza muscolare, inappetenza e irritabilità sono presenti nella maggior parte dei casi. In caso di esordio più tardivo durante l’infanzia, grazie ad un più ampio uso dei test sierologici di screening, è possibile intercettare la malattia celiaca sulla base di manifestazioni extra-intestinali, anche in assenza di sintomi intestinali, come ad esempio, la bassa statura nei bambini e l’anemia sideropenia  negli adulti. Più raro è il riscontro di sintomi e segni extraintestinali glutine dipendenti quali artriti ed artralgie, epilessia con calcificazioni occipitali, aumento delle transaminasi, problemi di fertilità e diversi quadri di anomalie dentali. Da segnalare anche la dermatite erpetiforme (DH), una dermatite glutine sensibile caratterizzata da rash simmetrici molto pruriginosi. Infine, ci sono pazienti clinicamente silenti, identificati durante programmi di screening di categorie a rischio. Non c’è nessuna relazione tra la severità del quadro clinico e la severità o estensione del danno istologico.

Molte malattie a base autoimmune hanno una frequenza maggiore nei pazienti celiaci (tiroidite, morbo di Addison, anemia perniciosa, trombocitopenia, sarcoidosi, diabete insulino dipendente, alopecia,) probabilmente perché condividono gli stessi aplotipi HLA (B8, DR3). Un’aumentata incidenza di celiachia è stata documentata anche in pazienti con sindrome di Down nella sindrome di Turner e nella sindrome di Williams. Anche il deficit selettivo di IgA è una condizione associata alla celiachia .

Il sospetto di diagnosi  sorge in presenza dei sintomi.  La misurazione del livello di anticorpi specifici prodotti quando un soggetto con celiachia consuma glutine è un test utile. Ai fini della conferma della diagnosi di celiachia, occorre effettuare una biopsia della mucosa dell’intestino tenue. La diagnosi si conferma se la biopsia mostra un appiattimento dei villi intestinali e se la mucosa dell’intestino tenue successivamente migliora dopo la sospensione del consumo di alimenti contenenti glutine. Può essere effettuato un esame del sangue che verifica la presenza di alcuni geni, perché è molto improbabile che le persone che non li possiedono soffrano di celiachia. Tuttavia, un test positivo non conferma la celiachia, perché molte persone non celiache possiedono questi geni. La terapia consiste nell’eliminazione del glutine dalla dieta.

 

Prevenzione

La  prevenzione dell’allergia alimentare generalmente  è  rivolta al periodo  dell’infanzia. Questo  perché l’infanzia è l’età in cui si manifestano le prime allergie ad uno o più cibi, che con il  tempo si possono  estendere ad altri cibi e poi trasformare in allergie che riguardano anche le sostanze inalate. La  prevenzione della sensibilizzazione  viene, a volte, fatta iniziare già durante la vita intrauterina per proseguire poi nel periodo neonatale. Gli studi eseguiti hanno dimostrato che non è utile alcuna restrizione dietetica per la donna in gravidanza, ad eccezione forse dell’esclusione delle arachidi. E’ stato tra l’altro segnalato che restrizioni dietetiche possono compromettere la crescita del feto. Per quanto riguarda il neonato, viene raccomandato di evitare la somministrazione di formule a base di proteine del latte vaccino non idrolisate nei primi giorni di vita, in attesa della montata lattea nella madre. Se non esiste una familiarità per allergia, l’allattamento materno ha comunque  un effetto preventivo sulle  allergie alimentari, anche se è controversa la durata dell’effetto stesso. Va segnalato un importante studio finlandese abbastanza recente, in cui neonati non selezionati per rischio di allergia, allattati esclusivamente al seno per almeno sei mesi e seguiti fino a 17 anni, hanno presentato una minore percentuale di eczema e allergia al cibo, nonché un minore “punteggio di allergia respiratoria” .  Per questo viene  raccomandato l’allattamento esclusivo al seno per i primi 4-6 mesi di vita.   E’ consigliabile  eliminare dalla dieta della nutrice arachidi e frutta secca oleosa. Secondo molti autori andrebbero eliminati dalla dieta della madre anche latte vaccino, uovo, pesce, ma non c’è un consenso unanime su questo provvedimento. Tali restrizioni dietetiche andrebbero applicate quando ci sia:  una storia familiare importante di allergia e  una madre altamente motivata . Se la nutrice è posta a dieta senza latte, la sua dieta va integrata con calcio.  Quando non fosse disponibile il latte materno, nel lattante senza familiarità per allergia si può usare un normale latte vaccino formulato, poiché non ci sono prove sull’utilità di latti a ridotta allergenicità in questi casi. Per quanto riguarda l’età d’introduzione nella dieta del bambino dei cosiddetti cibi solidi l’indicazione è di non  introdurre i nuovi cibi non prima del 5° mese di vita. Questo va fatto gradualmente, un cibo alla volta, partendo da quelli meno allergizzanti. Del resto l’Accademia Americana di pediatria già nel 1958 raccomandava di aggiungere i primi cibi solidi tra il 5° e il 7° mese di vita. Va segnalato uno studio inglese del 1990, che ha dimostrato un maggior rischio di dermatite atopica fino a 10 anni, in un gruppo di bambini che avevano assunto cibi solidi entro i primi 4 mesi di vita . Nella dieta dei bambini a rischio si dovrebbero includere i cibi solidi non prima dei sei mesi di vita, latte vaccino e derivati a un anno, uova a due anni, pesce-arachidi-frutta secca oleosa a tre anni. Quando fosse necessaria un’integrazione al latte materno o una sua sostituzione, nel lattante a rischio non vanno usate le normali formule a base di latte vaccino. Entrano in discussione le formule con proteine parzialmente idrolisate, le formule con proteine estensivamente idrolisate e il latte di soia.  Si discute ancora molto se i latti con idrolisati parziali di proteine siano altrettanto efficaci dei latti con idrolisati estensivi; sembra che siano ambedue efficaci. Per la prevenzione delle intolleranze alimentari occorre proporre ai bambini una dieta equilibrata e senza eccessi. I cibi dovrebbero essere conservati il meno possibile, essere consumati freschi, essere cucinati  rispettandone la stagionalità e la varietà. E’ inoltre importantissimo bilanciare bene carboidrati, grassi e proteine.  Coloranti e aromatizzanti artificiali hanno un’alta capacità di produrre intolleranze alimentari nei bambin e per questo andrebbero  evitati il più possibile. Gli altri interventi preventivi, che riguardano tutte le età  consistono nella informazione e formazione degli Operatori del Settore Alimentare per garantire al soggetto allergico di consumare, senza rischi, prodotti alimentari, piatti pronti e pasti fuori casa e nell’etichettatura degli alimenti   di supporto al consumatore con allergia.

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