LINEE D’INTERVENTO PER LA GESTIONE DEI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO NEL DEFICIT COGNITIVO

 

In questo articolo si riporta fedelmente il protocollo che, Alteya la società coperativa onlus che gestisce i servizi residenziali ed assistenziali della RSA Villa Albani della ASL Rm 6 ha, messo a punto per per facilitare l’acquisizione ed uniformare l’utilizzazione degli strumenti necessari per migliorare gli standard assistenziali, anche nelle situazioni problematiche quali la gestione dei disturbi del comportamento.

 

 

Partendo dalla consapevolezza che:

ogni volta che un operatore si troverà a gestire un COMPORTAMENTO DISFUNZIONALE di un paziente potrà utilizzare dei  RINFORZI POSITIVI (premi da acquisire tramite ticket) che verranno anche  adoperati per motivare i pazienti ad intraprendere ATTIVITA’ che permettano di far aumentare l’AUTOSTIMA e di diminuire la NOIA, legata alla presenza d’ inoperosità prolungata durante la routine giornaliera.

Per quel che concerne la modalità, con cui l’operatore dovrà intervenire,  questa prevede una comunicazione verbale chiara  ed efficace al paziente per far in modo che egli comprenda che è necessario abbandonare il comportamento disfunzionale od applicarsi in una attività, perché questo gli consentirà di accedere ad una gratificazione rappresentata da un premio.

Occorre tener conto che  può accadere che quando una persona, e quindi anche  un operatore, si trova di fronte a qualcosa di scorretto o pericoloso lo comunica alzando il tono della voce o urlando.

Ci si illude che l’urlo renda più valido il messaggio, ma in realtà è il contrario, chi ascolta percepisce che c’è una perdita di controllo. L’urlo serve a scaricare la rabbia, dovuta all’impotenza di non essere riusciti ad evitare la comparsa di situazioni spiacevoli o al timore di non riuscire a gestirle. Tuttavia ci sono alcuni casi in cui alzare il tono della voce in modo fermo e senza urlare  è funzionale come ad esempio quando c’è difficoltà a far arrivare un messaggio o occorre bloccare un comportamento pericoloso.

Il RINFORZO POSITIVO  è qualsiasi conseguenza, positiva, che segue un comportamento e ne fa aumentare la probabilità che si ripeta. Esempi di rinforzi  positivi sono: premi materiali oppure la possibilità di fare qualcosa che piace.

Risulta importante premiare i comportamenti positivi già presenti nella condotta dei pazienti, ma è possibile anche farne comparire di nuovi,  per far ciò è necessario ricompensare il comportamento del paziente che si avvicina maggiormente a quello da noi desiderato. Se, ad esempio, vogliamo che faccia una determinata attività, ma il paziente tende a rifiutarla, dovremo, inizialmente, premiare i comportamenti in cui il paziente almeno prova l’attività, anche senza portarla a termine. Gradualmente sposteremo il rinforzo verso i comportamenti che si avvicinano maggiormente al nostro obiettivo, come ad esempio, l’impegno del paziente nell’attività, non solo per 10 minuti, ma almeno per mezz’ora.

L’erogazione dei rinforzi positivi ai pazienti avverrà tramite la consegna di TICKET che permetteranno, raggiunta una certa quota, di ritirare un premio

 

Tutti gli operatori, appartenenti ai vari profili professionali, saranno dotati di ticket. In questo modo il paziente riconoscerà la stessa autorevolezza a tutti, indipendentemente dalla mansione svolta.

Per stabilire quali siano i premi adatti da inserire nel programma di rinforzo positivo occorrerà valutare attentamente gli  interessi ed i  desideri dei singoli pazienti creando poi una lista di premi. Successivamente, gli operatori chiederanno  a ciascun paziente di mettere in atto dei comportamenti adeguati che gli permetteranno di ottenere i ticket. Se il paziente raggiunge una certo numero di ticket (all’interno di uno spazio temporale prefissato che può essere, ad esempio, di una  settimana) riceve il premio, altrimenti no.

Si prevede che i singoli operatori, che lo ritengano opportuno, possano decidere di regalare degli oggetti che verranno inseriti nella lista dei premi. Questo permetterà, a ciascun operatore, di rapportarsi con il paziente a seconda della propria sensibilità ma mantenendo la distanza necessaria per garantire un buon intervento terapeutico.

Una procedura  da attuare quando un paziente continua ostinatamente a mettere in atto un’azione negativa o si rifiuta di fare una cosa richiesta o anche quando ci si trova di fronte alla fase iniziale di una crisi comportamentale è il TIME OUT.

 

Possiamo paragonarlo al “chiamare tempo” di un allenatore quando la partita non sta andando bene. Si mette in atto solo dopo aver avvisato il paziente che se non cambia il comportamento in questione andrà in time out e che se nemmeno questo sarà sufficiente non riceverà il rinforzo (cioè il ticket). Una modalità per ‘’chiamare tempo’’ può essere,  ad esempio,  accompagnare il paziente  in bagno per fargli mettere sotto l’acqua i polsi e per sciacquarsi il viso o si può  scegliere una qualsiasi altra situazione che permetta di distrarlo.

 

Si definisce PUNIZIONE il verificarsi di un evento negativo o spiacevole che segue ad un particolare comportamento.

 

La punizione viene generalmente usata più spesso rispetto al rinforzo come metodo educativo, tuttavia la ricerca ha dimostrato che è una modalità meno efficace. Il diffuso uso che se ne fa, dipende in parte, dal fatto che  si è abituati ad individuare i comportamenti negativi e ci si dimentica di valorizzare quelli positivi.

La punizione può essere utilizzata soltanto come ultima opzione quando il paziente mette in atto comportamenti  pericolosi o è impossibile, con altri strumenti, bloccare il comportamento disfunzionale.

 

Per quanto riguarda la gestione delle punizioni dovranno essere eventi molto rari e non riguardare in alcun modo le attività programmate che presentano aspetti terapeutici o di socializzazione o l’alimentazione ed il cibo. Il tipo di punizione da dare al singolo paziente dovrà essere stabilita durante le riunioni   settimanali a cui parteciperà un operatore, in rappresentanza di ciascuna categoria professionale. Quesi incontri saranno di breve durata ed improntati esclusivamente all’esame delle criticità. La decisione collegiale è pensata per evitare che possano essere impiegati diversi metri di giudizio, a seconda dell’operatore impegnato a far fronte al comportamento problematico. Inoltre la scelta della punizione dovrà essere calibrata in modo tale da non mettere in difficoltà lo svolgimento del lavoro dei vari operatori che ricoprono ruoli differenti. La punizione, in generale, risulta essere molto più efficace quando viene applicata immediatamente dopo il comportamento indesiderabile. Per questo motivo, in attesa della decisione collegiale,   nel tentativo di evitare d’infliggerla, verranno utilizzati i cartellini di ammonizione.

La consegna del cartellino al paziente, potrà essere effettuata, come quella del ticket, da tutti gli operatori. Il cartellino di ammonizione rappresenta un atto di rimprovero e di esortazione ad agire nel rispetto delle regole e l’avviso che se questo non avverrà il paziente  subirà una punizione.

 

Per quanto concerne i comportamenti disfunzionali legati all’ALIMENTAZIONE occorre tener presente che il regime alimentare per una patologia cronica trasforma il pasto da evento naturale a terapia. Inoltre  le evidenze, presenti in letteratura, indicano che per migliorare la compliance (adesione), al trattamento dietetico nelle patologie croniche,  è necessario prendere in considerazione gli aspetti psichici e sociali legati al cibo.

Come dimostrano gli studi sui disturbi alimentari esiste una relazione tra cibo ed emozioni. Per quanto concerne i fattori sociali il mangiare è una delle principali modalità per creare relazioni significative e per raggiungere quei momenti d’intimità in cui i pazienti, dialogano con le altre persone e possono dare senso a ciò che accade loro. In considerazione di questi fatti, nelle situazioni in cui il cibo è collegato ad eventi sociali o a festeggiamenti particolari, il paziente viene dispensato dal seguire il consueto regime alimentare e potrà essere concessa, nei limiti del possibile, l’assunzione di cibi normalmente vietati.  Questo avverrà grazie alla pianificazione che il nutrizionista ed il medico faranno per riportare comunque in equilibrio l’alimentazione del paziente riducendo, ad esempio, gli apporti calorici nei giorni successivi o  aumentando, per il periodo necessario, l’attività fisica o con qualsiasi altro metodo.

Lo  svolgimento delle ATTIVITA’ residenziali rivolte alMANTENIMENTO ed al MIGLIORAMENTO delle CAPACITA’ ed al POTENZIAMENTO dell’AUTOSTIMA dovranno essere programmate in modo tale da valorizzare le abilità dei singoli pazienti e contemporaneamente favorire la socialità e la coesione del gruppo.

Per questo, ad eccezione delle situazioni in cui la patologia di base non lo permette, dovrà essere coinvolto nelle attività il maggior numero di pazienti possibile. Le attività dovranno essere stimolanti e differenti durante i vari giorni della settimana così da aumentare la compliance dei pazienti. Dovranno essere mirate al potenziamento delle capacità necessarie per lo svolgimento delle attività di vita quotidiana, al miglioramento del linguaggio parlato e scritto ed alla valorizzazione degli interessi personali.

 

Per quanto concerne le RIUNIONI DI EQUIPE saranno focalizzate sulla discussione dei casi clinici.

 

Saranno inoltre l’occasione per verificare l’andamento degli interventi messi in atto e valutare le eventuali modifiche da apportare.

SITOGRAFIA

https://www.medicinaxtutti.it/2021/09/17/i-disturbi-del-comportamento-nei-pazienti-con-deficit-cognitivo/

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