LA PREVENZIONE DELLE DIPENDENZE SECONDO L’APPROCCIO BIOPSICOSOCIALE

 

Il modello biopsicosociale attribuisce le cause dell’insorgenza di una dipendenza patologica ad un insieme di fattori di  natura biologica(neurofisiologica,genetica), psicologica (costituzionale, relazionale)  e sociale (contestuale reattiva).https://www.medicinaxtutti.it/2020/04/17/i-tossicodipendenti-ma-anche-i-dipendenti-da-cibo-hanno-un-problema-con-la-dopamina/ Appare ormai chiaramente dimostrato come solo un intervento integrato e multidisciplinare che, oltre a basarsi sul trattamento farmacologico, affronti  le problematiche psicologiche e sociali che sottendono ed accompagnano uno stato di dipendenza , permetta di ottenere risultati terapeutici efficaci e permanenti. Un approccio di questo tipo  dovrebbe essere applicato, non solo nella cura, ma anche nella prevenzione, oltre che nelle dipendenze con abuso di sostanze e comportamentali, nelle malattie in generale specie se croniche.

Il modello biopsicosociale

Storicamente il modello biomedico è stato il primo ad assicurare istruzioni precise a cui attenersi per approcciarsi alla patologia (raccolta anamnestica, esame obiettivo, formulazione della diagnosi) e a fornire un vocabolario comune ed universalmente accettato. Questo modello si fonda sul presupposto che la malattia abbia un’origine esclusivamente biologica e all’inizio della modernità della medicina il suo successo fu tale da lasciarne in ombra le debolezze per molto tempo. Il modello ha acquisito nel tempo lo status di dogma, di imperativo culturale e per questo motivo da sempre ci sono state fortissime resistenze che si sono opposte al suo superamento. Ma se il modello biomedico ha apportato indubbi vantaggi nella clinica medica, ha mostrato anche più di una criticità. La malattia intesa solo come dato biologico non è che un’astrazione che esclude tout court la soggettività del paziente. Inoltre , negli ultimi decenni, le lacune di questo modello si sono manifestate con più evidenza a causa dei cambiamenti
storici, sociali e culturali che hanno interessato il campo della medicina. Questo approccio ha fallito, in definitiva, per la sua incompletezza e limitatezza ignorando la persona e la sua soggettiva esperienza di malattia. Da questo nasce l’esigenza di includere nel processo di cura la considerazione degli aspetti psicosociali, della famiglia, delle soggettività del paziente e del medico stesso.
Molte delle resistenze dei professionisti allo sviluppo di un modello integrato nascono dal modo tradizionale di vedere l’approccio
farmacologico e quello psico-socioterapeutico, come antitetici piuttosto che sinergici. Ma già da numerosi anni è stato evidenziato come la psicoterapia e la farmacoterapia presentino una intrinseca complementarietà.

Il modello biopsicosociale (BPS) è una strategia di approccio alla persona, sviluppato da Engel negli anni ottanta sulla base della concezione multidimensionale della salute descritta nel 1947 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Questo approccio pone l’individuo ammalato al centro di un ampio sistema influenzato da molteplici variabili. Per comprendere e risolvere la malattia il medico deve occuparsi non solo dei problemi di funzioni e organi, ma deve rivolgere l’attenzione agli aspetti psicologici, sociali, familiari dell’individuo, fra loro interagenti ed in grado di influenzare l’evoluzione della malattia. Da un punto di vista clinico il modello BPS include l’esperienza soggettiva del paziente accanto ai dati oggettivi biomedici, per questo diventa essenziale l’approccio alla persona e non soltanto alla malattia.

(Neuroscienze cliniche e neuropsicologia Lumsa, A. Perazza 2016)

Il modello BPS nella ricerca clinica e di base ha reso  manifesta la presenza di fattori e co-fattori psicosociali come causativi o come sequele di gran parte delle malattie organiche ed ha consolidato il suo fondamento scientifico nell’era delle neuroscienze. Questo modello individua due processi nei fenomeni clinici: il primo è la causalità circolare, una serie di circoli di feedback sostengono uno specifico patten di comportamento nel tempo; il secondo è la causalità strutturale, una gerarchia di relazioni causa -effetto unidirezionali, cause necessarie, partecipanti, forze di mantenimento o combinazioni di eventi. La validità  di questo approccio  è documentata, in letteratura, da più di 30 trials clinici randomizzati. In tutti gli studi recenti, che si occupano di terapia  delle tossicodipendenze e delle dipendenze comportamentali, viene indicata la necessità di affiancare il trattamento farmacologico all’intervento psicosociale.

Gli interventi di prevenzione nella dipendenza patologica

Il modo delle dipendenze patologiche ha conosciuto uno sviluppo ed una diversificazione che spazia dal consumo delle nuove droghe, alle nuove modalità di assunzione delle vecchie droghe, al sempre più diffuso e precoce uso ed abuso di bevande alcoliche, fino all’affacciarsi sulla scena delle nuove dipendenze di tipo comportamentale. Lo scenario attuale del consumo di droghe e dei comportamenti di addiction appare caratterizzato da uno stile di vita nel quale la “normalità” si affianca a comportamenti a rischio. La compatibilità dei comportamenti di abuso con una vita normale tende ad assumere un significato compensatorio di una quotidianità vissuta come noiosa a favore della ricerca di sensazioni forti (novelty seeking) che testino continuamente la percezione soggettiva dei propri limiti ed amplifichino il divertimento.
In questo contesto le metodologie preventive mirano a promuovere e sviluppare i fattori protettivi, intercettando i bisogni inespressi e la vulnerabilità di fasce di popolazione sempre più ampie.

 Gli interventi di prevenzione primaria riguardano la scuola, la famiglia e le realtà educative territoriali e vengono condotti con diverse metodologie. Le nuove conoscenze in campo neurofisiologico sottendono ad inedite possibilità di prevenzione secondaria e terziaria condotte in ambito psicofarmacologico utilizzando il farmaco non solo nell’ approccio sostitutivo ma anche in senso preventivo.
I programmi di prevenzione sono convenzionalmente distinti in:
prevenzione universale
prevenzione selettiva
prevenzione indicata
prevenzione ambientale
La prevenzione universale è indirizzata all’intera popolazione con messaggi e programmi volti a prevenire o ridurre i comportamenti d’abuso ed ha lo scopo di fornire a tutti gli individui le informazioni e gli strumenti necessari ad affrontare i problemi connessi con le dipendenze. La prevenzione selettiva è invece rivolta a gruppi o fasce di popolazione a rischio di comportamenti di abuso ma che non hanno ancora sviluppato dipendenza. La prevenzione indicata è indirizzata alle persone che hanno un elevato rischio individuale di dipendenza, possono aver già sviluppato il comportamento d’abuso ma sono asintomatici. Infine la prevenzione ambientale ha lo scopo di prevenire il primo approccio con l’oggetto della dipendenza. Le strategie ambientali sono   misure preventive che operano a livello delle norme sociali e culturali riformando l’approccio della società verso i comportamenti di dipendenza. Diversi studi hanno identificato i fattori che si associano più significativamente all’insorgere, all’incrementarsi e al persistere delle dipendenze e fattori protettivi che riguardano sia l’individuo, sia la famiglia che l’ambiente.
Per quel che concerne le varie strategie di prevenzione, analizzando la letteratura, emergono vari dati. Per quanto riguarda le campagne preventive che utilizzano i mass media, gli studi di valutazione di questi interventi non sono frequenti, e si tratta per lo più di studi Before & After. Le principali revisioni sembrano concludere che si tratta di interventi efficaci per la cessazione del fumo e per la prevenzione di alcool e fumo. Alcune condizioni sembrano aumentarne l’efficacia, come l’intensità e la contemporanea attivazione di altri interventi (a es. scolastici). Le campagne sulle droghe illegali non hanno evidenze di efficacia, ed alcune valutazioni suggeriscono un loro possibile effetto boomerang. L’aumento del prezzo del tabacco e degli alcolici, attraverso le accise, sono uno strumento potente di riduzione dell’incidenza di nuovi utilizzatori e di riduzione di uso degli attuali utilizzatori. Un aumento del 10% del prezzo delle sigarette determina una riduzione del 2,5-5% dell’uso, mentre un corrispondente aumento del prezzo delle bevande alcoliche determina una riduzione della mortalità per cirrosi del 8.3-12.8%. Le restrizioni delle vendite di tabacco ed alcolici per età o fasce orarie o in condizioni particolari, sono efficaci a condizione che vengano effettuati interventi di controllo e di supporto. Le regole sull’uso di tabacco ed alcolici nei luoghi di lavoro hanno effetto diretto sia sul consumo che sulla salute. Gli interventi scolastici sembrano principalmente efficaci contro alcool e droghe, mentre sul fumo di tabacco sembrano avere effetti limitati al breve periodo. Questo probabilmente a causa della maggiore pressione sociale al fumo. In particolare soltanto gli interventi basati sulle teorie della social influence sono efficaci, mentre quelli informativi, basati su lezioni frontali, hanno numerose prove di inefficacia. Gli interventi familiari si sono dimostrati efficaci, in particolare per alcool e droghe, ma, a causa del loro elevato costo, sono riservati a giovani a rischio. In generale sembrano efficaci i programmi multicomponenti, in cui cioè, numerosi interventi efficaci vengono disseminati a livello di una popolazione.
Per quel che concerne le dipendenze comportamentali, al pari di tutte le altre forme di dipendenza patologica, esistono persone più vulnerabili di altre e secondo il Dipartimento delle Politiche Antidroga, la loro identificazione precoce è la prima forma di prevenzione da attivare, affiancata da interventi di prevenzione socio-ambientale. Per quel che concerne il gioco d’azzardo patologico le evidenze scientifiche indicano che le principali azioni preventive dovrebbero mirare ai singoli fattori di rischio, tenendo conto che per un’azione efficace è necessario agire sia sull’individuo ma anche sugli stimoli e sul contesto socio ambientale. Per quanto riguarda la prevenzione selettiva è la forma che si è dimostrata più efficace sopratutto negli ambienti della scuola e della famiglia. Le azioni concrete consigliate sono l’individuazione precoce delle condizioni di vulnerabilità (6-12 anni) e dei comportamenti a rischio. Sull’individuo è possibile effettuare degli interventi precoci quali il rinforzo delle funzioni di autocontrollo e di coping e la correzione delle distorsione delle funzioni cognitive e delle false credenze sulle probabilità e abilità di vincere. E’
possibile anche agire diminuendo gli stimoli ambientali con una riduzione del numero delle sale gioco, del numero delle slot e dei giochi online, infine si dovrebbero dotare le slot ed anche internt di segnali di waring e di stop in caso di comportamenti problematici dei giocatori. Un’altra misura risultata efficace è l’uso di carte prepagate controllabili e tracciabili. Per quanto riguarda il contesto socio-ambientale le misure che si sono dimostrate efficaci sono l’esistenza di leggi di controllo, deterrenza e contrasto dei giochi d’azzardo per i minori, non a spot. Un’altra importante misura preventiva è quella di utilizzare testimonial famosi poiché una forte disapprovazione sociale, ben esplicata, sul gioco d’azzardo, come sulle dipendenze da sostanze, si è dimostrata efficace nel ridurre il numero di utilizzatori di giochi. Per quel che riguarda le altre dipendenze comportamentali i dati che si possono ricavare dalla letteratura sono frammentari, tuttavia emerge l’importanza dell’informazione come strumento preventivo. Sono vari i progetti che si pongono come obiettivo quello di informare e sensibilizzare la popolazione sui rischi delle dipendenze comportamentali. La maggior parte di questi sono rivolti alla sotto-popolazione scolastica. Altri studi indicano il counselig infermieristico e l’educazione alla genitorialità come strumenti nella prevenzione delle nuove dipendenze.

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