LA LUNGA STORIA DELLA MUSICOTERAPIA

Fin dall’antichità esiste uno stretto rapporto tra medicina e musica. Nelle civiltà primitive la guarigione passa attraverso il  rituale caratterizzato dall’unione di ritmo, suoni e droghe. Nella  medicina egizia, come testimonia il papiro di Ebers,  musica, danza e medicina  sono profondamente legate . Con la civiltà cinese compare la triade musica-medicina-numerologia. In India nascono i concetti fondamentali per la musicoterapia, primo tra tutti il principio per cui non esiste separazione tra uomo e universo. L’equilibrio alterato dalla malattia può essere ristabilito attraverso azioni esterne riequilibratici: tra queste la musica. Aristotele attribuisce agli effetti della musica il miglioramento del tono dell’umore , la riduzione dell’ansia, la ricerca della serenità e della calma. Nel medioevo, i monaci potenziano l’unione  medicina-musica. L’assistenza ai malati passa attraverso l’uso di composizioni musicali dagli effetti terapeutici, come quelle composte dal monaco Notker Balbulus.  Nel XVIII secolo, Mesmer, amico di grandi musicisti come Mozart, Gluck, Haydn ed altri, conduce i suoi esperimenti di suggestione ipnotica attraverso l’uso della musica. Nel XIX secolo si pongono le basi della musicoterapia moderna con gli studi di Helmholtz (Teoria fisiologica della musica) e con la psicologia del suono di Karl Stumpf.

Che cos’è la musicoterapia

La musicoterapia è una risorsa psico-pedagogica e terapeutica che si integra con altre discipline per mettere in atto interventi di tipo  preventivo,  o rivolti al trattamento e alla riabilitazione di diverse forme di disabilità,  comprese quelle nell’ambito della salute mentale.

                                    (A. Ferraris)

La musicoterapia può essere definita come una tecnica che utilizza la musica e i suoi elementi ritmo, suono, melodia, armonia, come strumenti per aprire dei canali di comunicazione. Questa tecnica  si propone di dare la possibilità alla persona di trovare la sua modalità espressiva individuale, attraverso la quale mettersi in rapporto con il mondo. La musica è dunque un  mezzo che contribuisce allo sviluppo della personalità, permettendo all’ individuo di scaricare le tensioni emotive.

Secondo  Bruscia (1989), nel campo della musicoterapia  si può distinguere la musica “In terapia” dalla musica “Come terapia.” Nel primo caso, la musica è utilizzata come aiuto per facilitare il lavoro terapeutico multidisciplinare. Nel secondo caso, invece,  l’impiego della musica assume un ruolo preminente e fondamentale per instaurare la  relazione terapeutica. Il musicoterapeuta deve vagliare la sensibilità musicale del soggetto, quindi scegliere il tipo di musica adatto e preparare il soggetto all’ascolto, in modo opportuno. Questo gli permetterà di individuare il tempo mentale del paziente, per poi accordarvi un determinato tempo musicale o sonoro, con l’obiettivo di promuovere la comunicazione per poter poi operare. Tale canale comunicativo è di tipo non verbale ed è utilizzato per facilitare l’integrazione spaziale, temporale e sociale del paziente.

Quando si utilizza la musicoterapia

In epoca moderna la musica, con finalità terapeutiche, inizialmente venne utilizzata in istituzioni manicomiali. Si riscontrò  un effetto  benefico legato all’ascolto e alla produzione musicale. Fatto riscontrato anche quando fu impiegata negli Stati Uniti per trattare le persone che avevano subito traumi bellici.

Dopo le prime esperienze in ambito psichiatrico e neuropsichiatrico infantile l’applicazione della musicoterapia si è estesa al trattamento di  patologie neurologiche , di stati comatosi  o vegetativi, di patologie mediche in generale e  per favorire la riduzione dello stress. Inoltre trova impiego nelle cure palliative e nella terapia delle  dipendenze e del disagio.

Nel caso di lesioni dell’apparato scheletrico che causano inabilità con deficit di motricità, stimoli adeguati possono associarsi a forme ritmiche utilizzabili nella pratica riabilitativa. E’  esperienza comune che nel ballo vengono posti in movimento vari distretti muscolari, a seconda del ritmo che viene seguito, sino ad ottenere fini articolazioni del movimento delle mani anche a tronco immobile (Boxberger e Cotter, 1976). Questo approccio è utilizzabile anche  in tutte le patologie di tipo cerebrovascolare, degenerativo, metabolico  del Sistema Nervoso Centrale e periferico, nelle malattie muscolari ed in quelle ortopediche. Il progetto riabilitativo va sempre rivolto all’acquisizione di idonei livelli di adattamento funzionale che sono in accordo alla personalità globale del paziente.

Per la riabilitazione dei gravi ustionati e per  il trattamento delle affezioni dermatologiche importanti,  vengono utilizzate la trance ipnotica e le tecniche psico-musicali  per stimolare il trofismo cutaneo e favorire la motricità . Analoghe considerazioni valgono per le forme atrofico cicatriziali dell’età senile.

Nei pazienti con alterazioni delle funzioni corticali superiori  sono possibili vari tipi di riabilitazione.
Gli afasici possono  giovarsi di tecniche basate sul nesso tra musica e linguaggio. I disprassici ritrovano il senso dello spazio, della programmazione motoria e della immagine del corpo con stimoli musicali  adeguati. Il corpo può essere evocato nelle sue varie parti da suoni prodotti, ad esempio,  da campanelli a varie tonalità. I suoni o ritmi consentono di riconoscere singoli segmenti corporei. Gli agnosici possono utilizzare i codici spazio-temporali della lettura musicale, per recuperare il senso e la dislocazione della profondità e del riconoscimento spaziale.

I non vedenti trovano nella musica uno stimolo socializzante. Per i sordi l’utilizzo di strumenti musicali a percussione, che consentano un’analisi tattile delle vibrazioni prodotte sulla cassa armonica dello strumento, fornisce  informazioni sullo spazio sonoro e dà una possibilità di orientamento di suoni e timbri che permette di acquisire il senso del tempo. Lo studio e la pratica musicale consentono così di integrare altre informazioni relative all’esperienza cognitiva del mondo esterno.

Nelle malattie terminali e  nei dolori cronici la musica rappresenta un  ausilio sul piano motivazionale e percettivo. Oltre a fornire stimolo e fattore di socializzazione, essa agisce competitivamente lungo le vie del dolore (Melzak, 1976) e fornisce conforto  a chi, di fronte alla tragica esperienza della morte, si appresta a tornare all’illusione del paradiso perduto che l’area della musicalità tende a ricreare (Fornari, 1984).

In ambito anestesiologico, sia nella terapia del dolore che in sala operatoria, la sistematica applicazione dell’ascolto musicale consente di ridurre il dosaggio degli anestetici rilassando il paziente. Anche in odontoiatria, in ginecologia nell’induzione al parto, ed in associazione all’agopuntura.

In ambito psichiatrico negli autistici il riconoscimento di una fonte sonora che non appartiene al corpo ma è da esso separata (lo strumento)  può consentire una lenta uscita dalla chiusura ed una apertura alla comunicazione. Negli Schizofrenici i gruppi terapeutici che motivano all’ascolto reciproco ed alla espressione, possono essere un’esperienza che consente la scoperta del corpo e degli stati emotivi che lo caratterizzano. L’ utilizzazione di tecniche psicomusicali favorisce il riconoscimento di sé e la distinzione tra sé e gli altri. Nei maniacali un ritmo opportunamente scelto riesce a contenere la patologica attività psicomotoria. Questi pazienti, infatti,  usano dondolarsi, esprimersi con improvvisazioni verbali e canti spontanei. L’approccio tende a contenere tali espressioni recuperando il senso del tempo e dello spazio tanto interni che esterni. Negli stati depressivi il ritmo deve essere usato con cautela su cadenze lente che tendono a riproporre la temporalità del vissuto somatico. Nelle Nevrosi fobico-ossessive Il suono può essere  usato come fattore di decondizionamento. Si utilizzano ritmi prodotti da strumenti a percussione, a raggruppamento variabile.

Musica e neurobiologia

La musica è uno stimolo uditivo articolato in maniera complessa. Molti processi percettivi si svolgono contemporaneamente in diverse aree cerebrali. La revisione della più recente letteratura, dimostra che è l’emisfero destro quello che, in un primo momento riconosce la melodia nel suo complesso. Ma è   poi l’emisfero sinistro che esegue un analisi più precisa. Il lobo temporale destro è indispensabile per riconoscere ed eseguire le melodie. Dal lobo temporale sinistro  dipendono l’elaborazione del linguaggio musicale, ma anche la scrittura, la composizione e l’esecuzione della musica. Ascoltando musiche allegre o sentimentali, esaltanti o rilassanti si verificano modificazioni del sistema nervoso vegetativo che regola la pressione arteriosa, il ritmo cardiaco, la respirazione, la sudorazione e altre reazioni fisiologiche.  Brani musicali come i ballabili o le marce per orchestra provocano risposte soprattutto di tipo motorio: è questo il motivo per cui compaiono quei movimenti che ci portano, quasi nostro malgrado, a segnare il tempo con il piede o con l’oscillazione delle spalle.  Poiché la musica è una forma di comunicazione strutturata, dotata di un suo linguaggio, gran parte della sua decodifica avviene nell’emisfero sinistro, preposto ai processi logici, mentre il destro ne coglie i processi emotivi. Le emozioni indotte dalla musica attivano i circuiti della ricompensa e della gratificazione. Questi circuiti, che sono fondamentali per la motivazione, sono composti da varie strutture:  il mesencefalo  l’amigdala, che attribuisce il significato emozionale degli stimoli, e la corteccia orbito-frontale.

La riabilitazione con la musicoterapia sfrutta la stimolazione uditivo-motoria e inoltre la musica, in quanto stimolo emotivo, permette l’attivazione del sistema limbico che rende possibile il realizzarsi di attività giocose e motivanti.

Conclusioni

In Italia la musicoterapia non è ancora riconosciuta come disciplina scientifica e il profilo professionale del musicoterapeuta non è ancora definito e previsto nel ruolo sanitario. Anche se alcuni operatori riescono ad inserirsi nelle strutture sanitarie con la propria professionalità, di fatto per il Sistema Sanitario Nazionale la musicoterapia non esiste. Attualmente iniziano ad esserci numerosi corsi e master in musicoterapia all’interno di percorsi formativi inerenti professioni riconosciute e codificate. Malgrado il vuoto legislativo di fatto sono presenti in Italia diverse realtà in cui la musicoterapia viene applicata in contesti di cura e di riabilitazione.

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